E' diventata ormai da anni l'emblema di una Calabria industrializzata in modo forzato, con impianti di scarso ritorno economico e utilità sul territorio, speculazione edilizia e bassissimo rispetto dell'ambiente. Ci riferiamo alla vasta area di Saline Joniche, facente parte del comune di Montebello Jonico, posto tra Melito di Porto Salvo e Lazzaro. Sicuramente gli appassionati più esperti che da tempo più o meno lungo ci seguono, avranno già collegato la località di Saline Joniche, con le famose (e altrettanto sfortunate...) Officine Grandi Riparazioni delle Ferrovie dello Stato, dismesse nel 2001. Per una volta, però, non è così: dedicheremo infatti questo post, ad una nostra proposta di riutilizzo dell'enorme territorio occupato dalla ex Liquichimica, o meglio quel che rimane di uno degli impianti petrolchimici più contestati (ed inutili) della storia d'Italia.
La costruzione inizia nel 1972, come "risarcimento" a seguito dei famosi moti di Reggio Calabria, dove praticamente tutta la popolazione reggina protestò violentemente contro l'istituzione del capoluogo di regione a Catanzaro. Trecento miliardi di Lire investiti tramite il "Pacchetto Colombo", per costruire un mega struttura di oltre settecentomila metri quadri, estesa per più di due kilometri lungo la costa, con tanto di porto privato, e silos per lo stoccaggio dei mangimi animali di derivazione petrolifera, che sono stati prodotti. Come purtroppo prevedibile, spuntano immediatamente le infiltrazioni mafiose: la famiglia Iamonte di Melito di Porto Salvo si aggiudica in subappalto dalla ditta Costanzo la costruzione della Liquichimica, e addirittura la gestione della mensa aziendale. Nel 1974 viene avviata l'attività produttiva: il petrolchimico calabrese dà lavoro a 750 persone...ma per soli tre anni! Nel 1977, infatti, l'impianto viene immediatamente chiuso: i "mangimi petroliferi" rendevano cancerogena la carne degli animali che li mangiavano, rischiando così di provocare una vera e propria strage tumorale tra i consumatori della stessa. Da allora, inizia la lunga serie di paradossi a dir poco sconvolgenti: i 750 impiegati vengono cassaintegrati, ed in seguito pensionati dopo aver lavorato per soli tre anni! Come se non bastasse, per trent'anni si è addirittura continuato ad effettuare la manutenzione dell'impianto, finchè non è poi stato venduto
al consorzio Sipi (Saline Ioniche Progetto Integrato), che ha smantellato tonnellate di metallo da rivendere per cercare, per quanto possibile, di ripianare i debiti. Nel 2006 entra in gioco la società svizzera "Repower", con l'intento di riconvertire quel che rimane della Liquichimica in centrale elettrica a carbone.
Ma per fortuna, da quarant'anni a questa parte, le coscienze delle popolazioni locali si sono decisamente evolute (anche se la strada da percorrere è ancora lunga...): i cittadini del comprensorio non ci stanno, e da anni si continua a dire no ad un nuovo rischio inquinamento, e soprattutto a nuove e distruttive infiltrazioni di stampo mafioso.
Tanti lettori si staranno però chiedendo cosa c'entri tutto ciò con il trasporto ferroviario, ed alla nostra proposta accennata all'inizio dell'articolo. La risposta è molto semplice: premesso che anche noi non condividiamo l'ipotesi di costruzione di una centrale a carbone, riteniamo comunque che le attività industriali in genere, non siano assolutamente da classificare come inquinanti e dannose a prescindere, specie quelle di nuova generazione.
Come ormai ben noto e sperimentato sulla pelle dei calabresi, l'emergenza rifiuti è ormai una costante in praticamente tutto il territorio regionale: discariche esaurite o ormai fuori norma, assenza di raccolta differenziata, enormi costi di smaltimento fuori regione. Perchè allora non sfruttare e trasformare quel che rimane della Liquichimica, in un grande impianto per la trasformazione dell'immondizia in prodotti utili alla società, ed energia?
Non ci addentreremo ovviamente nello specifico, in quanto abbiamo già oltrepassato non poco il nostro campo "ferroviario": in ogni caso, però, la costruzione di un impianto per la produzione di fertilizzanti e contemporaneamente biogas, derivati dalla frazione umida dei rifiuti, potrebbe essere un'idea assolutamente da non sottovalutare. Molto probabilmente, inoltre, sarebbe possibile anche una sorta di autosufficienza dell'industria, attraverso la costruzione di un mini-termovalorizzatore, alimentato da parte della stessa spazzatura...che ovviamente arriverebbe a destinazione in treno!
Eccoci quindi giunti al dunque: la nuova... "Spazzachimica", potrebbe dare lavoro in modo utile e pulito a centinaia di persone non soltanto grazie all'impianto in sè, ma grazie al ripristino di un non indifferente traffico merci su ferro, che renderebbe necessaria la riapertura degli scali merci di Cosenza e Crotone.
La nostra cartina - in verità un po' spartana - è eloquente: abbiamo individuato quattro centri di raccolta siti all'interno degli scali ferroviari RFI di Cosenza, Crotone, Lamezia Terme Centrale e San Ferdinando. Ognuno di essi si occupa della raccolta, differenziazione ed in seguito invio su rotaia della spazzatura, proveniente non solo dalle stesse città prescelte, ma dai relativi comprensori, che in modo più o meno indicativo abbiamo evidenziato con diversi colori. L'hinterland reggino (in rosso) evidenziato, vista la relativa vicinanza a Saline Joniche, equidistante più o meno da tutti gli estremi dell'area, dovrebbe essere l'unico a servirsi esclusivamente del trasporto su gomma per la consegna dei rifiuti fin dentro l'ipotetico impianto di trasformazione: i camion sarebbero inoltre utilizzati, ovviamente, per "rastrellare" la spazzatura dai piccoli/medi centri abitati, fino ai punti di raccolta, dove verrebbe poi caricata sui carri pianali, semplicemente tramite trasbordo di container tra tir e treno. Un simile sistema, però, presuppone ovviamente almeno un minimo di raccolta differenziata a monte, in modo da separare la frazione umida da utilizzare per la produzione di biogas e di fertilizzante, dai materiali plastici, vetrosi e metallici, che andrebbe a loro volta riciclati (e magari anch'essi trasportati via ferrovia, se necessario...).
Considerando che annualmente in Calabria viene prodotta una quantità di rifiuti pari a poco meno di 1 milione di tonnellate, e considerando che a grandi linee la metà è composta da frazione umida, significa che giornalmente nella nostra regione si producono circa 1000 tonnellate di umido, che diviso (sempre a linee molto, molto grandi!) per le 5 aree individuate, corrispondono a circa 270 tonnellate al giorno. Ovviamente non tutte le zone rappresentate nella nostra cartina produrranno la stessa quantità di spazzatura, in quanto sono di estensione diversa e con diversa concentrazione di centri abitati di grandi dimensioni.
Considerando però il valore di 270 tonnellate, e considerando che un container da 40 piedi può trasportare circa 30 tonnellate di materiale, sarebbero necessari circa 9 - 10 container giornalieri da ogni centro di raccolta, da caricare su carri pianali, di tipo Sdgmnss o similari.
Un 245 serie 0 in testa ad alcuni carri Sdgmnss (uno di essi con container da 40 piedi), in sosta a Lamezia Terme Centrale. |
Continua...
2 commenti:
nn sarebbe male come idea ma per riconvertire tutto chissà quanti euri servono,li vicino c'è pure un laghetto vicino alla ferrovia
Eh sì...allo stato attuale è solamente un'enorme progetto fantasioso :( Se fossimo però in nord Europa, però...sarebbe tutto sicuramente più concreto :(
I laghetti di Saline sono generati dal fatto che quei terreni allagati vicino la ferrovia, si trovano sotto il livello del mare, ed era proprio lì che veniva estratto il sale!
Posta un commento